spettacoli primavera dei teatri

Seconda serata con Palazzi, Cerciello e Pirrotta

La seconda serata di Primavera dei Teatri sembra contraddistinguersi dall’opera di Thomas Bernhard, data la sua duplice presenza tra i titoli del cartellone. Ad aprire infatti la giornata di mercoledì 01 giugno (alle ore 18.00 a Villa Salvaggio) è Goethe Schiatta, spettacolo-evento che vede Renato Palazzi farsi interprete del testo dell’autore austriaco. Il celebre critico de Il Sole 24 Ore, Linus e delteatro.it – accompagnato dalla regia di Flavio Ambrosini –, dà vita a un monologo in cui viene presentato Goethe alla fine della sua vita. È un lavoro che – come si legge nel programma – incanta da un lato per la leggerezza con cui scherza su alcune grandi questioni intellettuali, come l’impotenza dell’artista a raggiungere le vette e  la solitudine dell’uomo di fronte al venir meno delle proprie certezze; e dall’altro per il modo in cui concilia la sgangheratezza della farsa con un’acre riflessione sulla morte.

Il Presidente di Carlo Cerciello

Il passaggio dal “primo” Bernhard al “secondo”, con il trasferimento da Villa Salvaggio al Teatro Sybaris, prevede una sosta al Chiostro del Protoconvento in cui sarà organizzato un aperitivo/degustazione nato dalla collaborazione del festival con Vinocalabrese che presenterà i vini di Tenute Ferrocinto di Castrovillari e di ‘A Vita di Cirò.

Giunti al Teatro Sybaris, alle ore 20.30, va in scena Il Presidente ovvero ambizione odio nient’altro di Teatro Elicantropo, per la regia di Carlo Cerciello. Una prima nazionale dell’opera bernhardiana, composta nel 1975, il cui testo descrive personaggi che si muovono all’interno di una sistematica “congiura contro la vita” e ogni volta che pensano di poter dominare la realtà con il pensiero, non fanno altro che denunciare il loro fallimento. Lo spettacolo presenta la Moglie del Presidente che, mentre si prepara per i funerali di Stato alla scorta del Presidente stesso, scampato miracolosamente all’attentato, piange il suo cane, morto di crepacuore per lo spavento, nel corso dell’attentato. Il  Presidente, a sua volta, in vacanza in un Portogallo a regime dittatoriale, si esibisce in un narcisistico sproloquio alla sua attrice-amante. Una tragicommedia del potere, la fine nel politico di ogni forma morale.

A chiudere la serata è Sacre-Stie, uno spettacolo scritto e diretto da Vincenzo Pirrotta che affronta il tema della pedofilia legato al mondo della Chiesa. Dopo il debutto dello scorso ottobre a Palermo, Sacre-Stie viene presentato dalla Compagnia Esperidio a Castrovillari, a pochi giorni dall’ennesimo scandalo che ha visto Don Seppia, il parroco di Sestri Ponente, accusato di abusi sessuali su minorenni.

Sacre-Stie di Vincenzo Pirrotta

Coincidenza che diviene conferma della riflessione nata da Pirrotta nel corso dell’intervista realizzata da Agata Motta: «la cosa più grave è che il Vaticano per anni e anni ha tenuto sotto silenzio questi delitti, e addirittura per evitare scandali ha inviato delle lettere pastorali ai vescovi del mondo. Adesso mi pare che nelle gerarchie più alte vi sia un risveglio di coscienze, insomma si parla del problema. Mi chiedo perché così tardi? Se non fosse scoppiato lo scandalo o se lo scandalo non fosse oramai “incontrollabile” se ne parlerebbe?». La buona notizia è che il teatro grazie a Sacre-Stie farà risuonare l’atrocità di questi delitti (nella Sala A del Protoconvento alle ore 22.15); spetterà a noi, osservatori, diffondere l’eco della sua denuncia.

Elena Conti

Pizzech e Punta Corsara aprono Primavera

Rieccoci con un appuntamento che ormai è diventato baluardo della scena contemporanea e rapporto con il territorio, un festival che da 12 anni combatte una lotta quotidiana e costante contro e per la sua terra. «È all’interno di questa realtà che prendono forma storie di ordinaria violenza domestica e un’umanità desolata, vittima di tradizioni arcaiche in un mezzogiorno sgretolato nei sentimenti e nei valori». Così recita la prima pagina del sito della compagnia Scena Verticale che – capitanata da Dario de Luca, Saverio La Ruina e Settimio Pisano – dirige il festival con costanza e incredibile perizia, sapendo coagulare attorno a sé uno zoccolo duro di pubblico che, proprio all’interno di “questa realtà”, resta ogni anno fedele. Già perché di pubblico si parla, Primavera dei Teatri è uno di quegli appuntamenti dove il pubblico lo incontri – un pubblico formato sia da spettatori che da operatori del settore – ma in generale la rassegna ha sempre trovato spazio per tutti. Un equilibrio che non ci si aspetterebbe da una compagnia così alla ribalta sulla scena nazionale, un equilibrio conquistato a fatica e che viaggia sulla corda tesa tra il mondano e modaiolo teatro contemporaneo e la concretezza del reale, dello spettatore medio, di un territorio difficile da conquistare. Così, negli anni, la programmazione messa in gioco dai co-direttori ha sempre stupito, donando spazio a giovani compagnie emergenti, ad affermati spettacoli d’impianto classico, ai gruppi calabresi e al teatro dialettale, amalgamando tutto all’insegna della spontaneità. Quest’anno il programma fa fronte alla crisi, punta sulle giovani compagnie e subito si apre con due collettivi formatisi quasi per caso.

Il signor Pourceaugnac foto di Camilla Mastaglio

Punta Corsara era nel 2007 un progetto della Fondazione Campania dei Festival, un percorso per attori, danzatori e organizzatori e tecnici napoletani, tredici dei quali oggi sono compagnia e associazione culturale. Sotto la regia di Emanuele Valenti questo gruppo di giovanissimi porta in scena al Teatro Sybaris ore 20.30 Il Signor Pourceaugnac una rivisitazione di Molière, sporcato dalla commedia dell’arte napoletana e intriso della più cruda vita reale. Un viaggiatore arriva a Napoli per sposare una giovane donna, ma la città lo respinge nei modi più impensati, intrighi, complotti e compromessi ostacolano il suo percorso di straniero in una città a lui straniera. Tutto condito da un pizzico di sarcasmo e comicità.
A seguire alle 22.15 nella Sala 14 del Protoconvento Che disgrazia l’intelligenza! Sotto la regia di Alessio Pizzech si riunisce un gruppo d’attori; un incontro fortuito, umano e artistico che li porta a cimentarsi con un testo classico tratto da Griboedov. Caskij è il protagonista di un viaggio di andata e ritorno dalla sua terra, un ritorno amaro in una terra non più ospitale, dove ciò che era amore diviene opportunismo e violenza. Il mondo della sua infanzia si è ribaltato e con esso i suoi valori, l’ingegno è un difetto, una capacità pericolosa e come tale va eliminata. Un testo che incrocia pensieri ormai all’ordine del giorno, in un’Italia governata da chi fa a botte con la giustizia, e dove i media puntano il dito contro chi prova ad alzar la testa, dove la menzogna diventa verità.
L’importante è non mentire mai al proprio pubblico, insegnava Frie Leysen organizzatrice di Theater der Welt, solo così resterà fedele; speriamo che anche quest’anno si rinnovi questo sodalizio, tra palco e platea.

Camilla Toso

Il sondaggio del Festival

Protoconvento di Primavera dei Teatri

Durante le giornate del Festival Primavera dei Teatri di Castrovillari abbiamo “sottoposto” ad artisti e operatori teatrali, disponibili, un sondaggio per gioco ma anche per riflettere un poco sul nostro vivere a cavallo di due secoli. Prendendo spunto dall’articolo che Renato Palazzi ha scritto per Linus circa cosa possiamo definire prettamente novecentesco e cosa invece pensiamo possa appartenere al nuovo millennio, ci siamo aggirati tra Protoconvento, Ufficio di Scena Verticale, Chiostro, Teatro Sybaris, Sala 14 e posti di ritrovo – che uniscono la convivialità e favoriscono anche la disponibilità a mettersi in discussione – per capire un po’ come le persone concepiscono alcuni fattori teatrali.

In modo scherzoso abbiamo stilato una lista con una quarantina di voci riguardanti esclusivamente il mondo teatrale definendo “D.O.C.” ciò che poteva essere inserito a pieno titolo nel Novecento – e quindi anche sepolto in quel secolo densissimo ma ormai defunto – e facendo appello al termine “O.G.M.” per tutti quegli elementi formatisi negli ultimi dieci anni o magari nati nel ‘900 ma che si sono evoluti e possono rientrare a pieno titolo nel 2000. Nel fare il sondaggio però ci siamo spesso chieste se ci sono davvero organismi evolutisi con l’arrivo del nuovo millennio o invece ciò che viene proposto nel nuovo secolo non sia piuttosto una ripetizione di ciò che si è già largamente distinto nel ‘900. Di fronte a diverse voci infatti i partecipanti al gioco si sono posti le stesse domande: per esempio alla voce ironica di «abiti neri e piedi nudi», dopo aver risposto immediatamente «Novecento», in molti si sono soffermati sul pensiero che in realtà ancora oggi tanti artisti utilizzano questa convenzione. Stessa cosa per la voce «il collettivo»: definita come tipicamente “D.O.C.” ha suscitato subito dei dubbi, in quanto diversi sono i gruppi nati nel nuovo secolo che adottano questa forma. Un sondaggio quindi che ha diviso e suscitato spesso la risposta «proprio non saprei» come di fronte alle voci «performer», figlio legittimo del ‘900 ma che sembra essere tornato a gran voce nel 2000, spodestando gli attori che invece escono dalle «Accademie Teatrali». Accademie collocate dalla stragrande maggioranza degli intervistati nel secolo scorso, senza possibilità di riscatto; solo poche voci fuori dal coro sottolineano come in realtà di queste ci sia estremamente bisogno; bisogno che viene appellato anche per la voce «Teatri Stabili» saldamente inserita con consapevolezza però nel ‘900. Altre necessità a teatro invocate da molti per il nostro oggi e allo stesso tempo inserite nella categoria “D.O.C.” o addirittura definite come appartenenti all’800 sono la «critica teatrale», la «stroncatura» e il «pubblico che fischia». Pubblico definito buonista e di un’educazione eccessiva che accetta in silenzio o anzi applaudendo convinto anche spettacoli che in realtà non ha apprezzato o perché dormiente sulla poltrona o perché lamentoso durante tutta la messinscena: ma un caloroso applauso finale sembra non venga negato a nessuno. La stroncatura e la critica teatrale sono morte per la maggioranza degli intervistati, sono le giovanissime operatrici volenterose e appassionate di scrittura collocano queste due voci nel 2000: ma solo per dare speranza a una pratica che sembra andare scomparendo. Stroncatura sopratutto che svanisce per il poco spazio dedicato alla stessa critica: se pochi sono gli spazi lasciati al teatro, di certo non si possono sprecare per le stroncature, ma per segnalare un bello spettacolo. E forse spesso artisti non migliorano i propri lavori, magari commettendo anche gli stessi “errori” proprio perché non trovano alcun riscontro con lo sguardo critico, purtroppo così costretti a non crescere. Nella scrittura, spesso, vengono approfonditi degli aspetti che a caldo, appena visto lo spettacolo magari non si percepiscono e anche se i critici si soffermano a discutere di alcuni problemi con le compagnie riguardo a uno spettacolo appena visto spesso non basta.

Riguardo invece le voci come «residenze», «spettacoli a tappe», lo «spettacolo breve» e le «prove aperte» rientrano secondo molti pareri a pieno titolo sotto la categorizzazione di “O.G.M.”: curioso come diverse persone abbiano detto che questa sia una conseguenza della precarietà teatrale.

Altre sono le voci generiche presentate nel sondaggio ma che hanno talmente diviso i pareri che ne è impossibile tirare delle fila: questo soprattutto di fronte a personaggi di grande fama come Dario Fo, Samuel Beckett, Ascanio Celestini, Pina Bausch, Romeo Castellucci, Antonio Latella, Peter Brook, Bernard-Marie Koltès, Bertolt Brecht, Carmelo Bene, Antonin Artaud ed Eimuntas Nekrosius. Inoltre in moltissimi hanno inserito la figura del regista come fenomeno pienamente “novecentesco” e “D.O.C” ritrovandosi di conseguenza in difficoltà nel collocare alcuni di questi grandi maestri proprio per il loro essere – nel caso di alcuni – registi “D.O.C.”: se a gran voce Castellucci viene inserito nel 2000, la stessa cosa non vale per Nekrosius definito “novecentesco” anche per il suo avere tutto il tempo necessario a disposizione per ricercare ciò che gli serve, risorse che difficilmente hanno gli artisti oggi. Se Antonio Latella è collocato nel 2000, non si può dire la stessa cosa di Peter Brook che in moltissimi collocano nel ‘900.

Per concludere il nostro sondaggio in maniera più leggera abbiamo inserito delle voci come «concorsi under 35», «felpa con cappuccio», «la raccomandazione» e «il microfono a teatro»: se quest’ultimo è stato definito in maniera molto interessante e su cui riflettere come simbolo di potere – e di fronte a questo aggiungerei che ciò diventa estremamente significativo nel momento in cui anche il Teatro delle Albe nella riproposizione dell’Avaro di Molière utilizza questo strumento come metafora di potere – alle altre voci tutti con un sorriso amaro hanno risposto «purtroppo 2000».

Un sondaggio che divide ma che fa nascere una profonda riflessione: se le «categorizzazioni teatrali» sono tipicamente “Novecento”, è anche vero che oggi più che mai il bisogno di denominare ci divora. A che cosa serve dare dei paletti ben definiti? E dopo tutto, come ha sottolineato un artista, il sondaggio è estremamente “duemilesco”: tipico di una società in cui oggi non si fa più politica ma sondaggi. Interroghiamoci di meno sul denominare, ma accettiamo ciò che ci viene offerto lasciandoci investire dalle emozioni.

Carlotta Tringali