Esplorando B.Motion Teatro > Fratelli Dalla Via Mio figlio era come un padre per me
Un tentativo di attraversare gli spettacoli di B.Motion Teatro 2014: una rete di questioni, temi, rimandi e pensieri intorno ai lavori in programma al festival. Con la collaborazione di artisti, ospiti, operatori e spettatori.
— IlTamburo di Kattrin (@Tamburo_Kattrin) 28 Agosto 2014
citazione
[una frase tratta dallo spettacolo]
“La prima generazione ha lavorato.
La seconda ha lavorato e risparmiato.
La terza ha lavorato, risparmiato e sfondato… poi siamo arrivati noi.”
“Il miracolo del nordest è la fotocopia sbiadita del sogno americano.”
playlist [una canzone dallo spettacolo]
[youtube]http://youtu.be/1bLOef7m4-k[/youtube]
consigli
[a partire da alcune suggestioni tratte dallo spettacolo]
GHOST
I am thy father’s spirit,
doomed for a certain term to walk the night,
and for the day confined to fast in fires,
till the foul crimes done in my days of nature
are burnt and purged away.
[Hamlet, W. Shakespeare]
extra
[spunti per approfondire lo spettacolo, il lavoro del gruppo, il percorso degli artisti]
Mio figlio era come un padre per me è stato il lavoro vincitore del Premio Scenario 2013. Il Tamburo ha seguito il percorso di creazione e sviluppo dello spettacolo nelle diverse tappe di selezione del Premio. Vi proponiamo la lettura di alcuni articoli e interviste a Marta e Diego Dalla Via per approfondire le tematiche trattate nello spettacolo e le modalità di lavoro della compagnia.
Per il progetto B.Stage 2014 chiediamo agli artisti, ai professionisti e operatori giunti a Bassano come spettatori di B.Motion Teatro, di svelarci qual è lo spettacolo che ha “segnato” la loro vita. Giorno dopo giorno annotiamo in questa pagina le loro risposte!
Daniele Timpano (attore/autore)
Dopo aver visto alcuni spettacoli di Carmelo Bene (come Pinocchio oppure Figlia di Iorio), Mimmo Cuticchio e Leo De Berardinis ho pensato: il teatro è una cosa bella, potrebbe essere bello anche farlo!
Roberta Ferraresi (Il Tamburo di Kattrin) Caligola di Roberto Latini, quando avevo 18 anni, perché ho capito cosa poteva fare il teatro e che ci volevo lavorare.
Luca Scotton (Babilonia Teatri) Il pomodoraro di Dino Coltro visto nel 2006 a Nogara, in provincia di Verona, perché è stato il primo spettacolo in cui ho fatto lo spettacolo.
Elena Lamberti (operatrice) Il Principe Costante per la regia di Pier’Alli al Teatro Fabbricone di Prato nel 2002. Mi sono laureata in Storia dell’Arte con una tesi su uno scenografo del 1700 e vedere alcune delle impostazioni studiate trasposte in scena – in un altro contesto rispetto al teatro all’italiana – è stata un’altra visione!
Carlo Mangolini (direttore B.Motion Teatro)
Lo spettacolo Giulio Cesare di Socìetas Raffaello Sanzio visto nel 1997 al Fabbricone di Prato durante il corso dell’ETI; questo lavoro mi ha aperto delle possibilità altre sul teatro e sulla modalità di reinterpretare i classici.
Rosa Scapin (direttrice OperaEstate Festival Veneto)
Ogni spettacolo cambia la vita, anche quelli che stiamo vedendo in questi giorni. Dovendo scegliere come spettatrice dico: Salvo Randone in Pane altrui di Turgenev, La Bottega del Caffè di Fassbinder fatto dal Teatro dell’Elfo nel 1991 e Descrizione di una battaglia di Giorgio Barberio Corsetti.
Ilaria Dalle Donne (attrice) Mi interessa la tenacia del fare, chi segue una direzione, una linea, chi possiede una sincerità dell’essere. Penso al lavoro di artisti come Pippo Delbono, Emma Dante, Rodrigo Garcia, Fura dels Baus, Giorgia Nardin. Gli spettacoli che mi vengono in mente in questo momento sono Tre pezzi facili degli Artefatti e Cuore di Silvia Costa, anche per la curiosità che sto sviluppando per il teatro ragazzi.
Alessandro Pezzali (Teatro Magro) Twin rooms dei Motus per le potenzialità della scena, l’idea di contemporaneo – essere nei luoghi prima che le cose accadano -, la moda, il pop, la musica del presente. Dei Motus amo la non stanzialità che diventa anche un modo per stare in scena e fare teatro.
Fabrizio Arcuri (regista*special guest via Facebook)
Ce ne sono due e non e’ possibile considerarli separatamente. Hamletmaschine degli allora Magazzini Criminali e Gilgamesh della Raffaello Sanzio. Sono i due lavori che a sedici anni mi hanno fatto decidere che quello era il mio lavoro…
Rossella Tansini (operatrice) La classe morta di Kantor, visto a Milano al Teatro dell’Arte. Erano gli anni Ottanta.
Renato Palazzi (critico, Il Sole 24 Ore / Delteatro)
Potrei rispondere che tutti gli spettacoli cambiano la vita.
Da un certo punto di vista, ci sono degli spettacoli che mi hanno cambiato, non la vita – altrimenti anch’io parlerei di Kantor –, ma il modo di percepire un grande problema: sono quelli di Ariane Mnouchkine, soprattutto gli ultimi, dal Le Dernier Caravansérail all’ultimo che si è visto in Italia, realizzato da un gruppo afgano affiliato al Théâtre du Soleil. Sono lavori che trattano i temi dell’immigrazione, della fuga dal proprio Paese, del sottrarsi a condizioni totalitarie. Questi hanno profondamente cambiato la mia visione di tali problemi.
Roberto Rinaldi (critico, Rumor(s)cena)
Lo spettacolo Gli amanti dei miei amanti sono i miei amanti,visto al Teatro Duse di Bologna a metà degli anni ’80, mi ha affascinato per la capacità del regista e drammaturgo Giuseppe Patroni Griffi di raccontare una storia quotidiana in maniera seducente. Il libro più bello di Patroni Griffi invece è La morte della bellezza. Vederlo trasposto in teatro sarebbe uno dei sogni della mia vita.
—
Lorenzo Parolin (giornalista, Il Giornale di Vicenza)
È stata la prima volta che ho utilizzato la parola “capolavoro”: L.I. ⁄ Lingua Imperii (leggi l’intervista) di Anagoor.
Come spettacolo musicale, invece, è stato la prima esecuzione in Italia del pianista newyorkese di origine cingalese: Vijay Iyer. Ha studiato fisica ad Harvard e ottenuto un dottorato sulla fisica delle onde sonore a Stanford ma poi ha deciso di dedicarsi alla musica. È stata una cosa strepitosa: come se avesse messo in musica l’universo.
—
Silvia Mei (studiosa e critica) Big in Bombay di Costanza Macras
Enrico Bettinello (direttore Teatro Fondamenta Nuove di Venezia)
Nessuno. Però devo dire che Le balenerestino sedute di Alessandro Bergonzoni, visto a 18 o 20 anni, mi ha fatto capire che il lavoro con le parole non era un semplice gioco, ma poteva anche essere inquadrato in una forma, avere una grande forza politica e non solo essere un divertissement.
Alessia Zanchetta (Responsabile Comunicazione Operaestate Festival)
Uno spettacolo di Batsheva. Mi ricordo che guardandolo mi sono detta: ecco un mondo nuovo a cui non avevo ancora avuto accesso.
A B.Motion teatro 2014 sono diversi gli artisti che il Tamburo di Kattrin ha già incontrato: di alcuni abbiamo seguito le tracce dei nuovi lavori, altri li abbiamo conosciuti durante percorsi precedenti. Accogliendo la proposta della webzine Teatro e Critica di far rivivere i propri archivi con #BackToThePast vi proponiamo in questa sede degli articoli di approfondimento e alcune interviste per conoscere meglio gli spettacoli e i protagonisti del festival bassanese.
Un incontro avvenuto a Teatro Fondamenta Nuove di Venezia per la presentazione di Alice disambientata: il racconto della ricerca artistica e della residenza
Un dialogo con Diego e Marta Dalla Via in occasione dei 20 minuti dello spettacolo Mio figlio era come un padre per me, vincitore del Premio Scenario 2013
Segnalata al Premio Scenario 2013 con lo spettacolo W (prova di resistenza), abbiamo incontrato Beatrice Baruffini lo scorso anno a B.Motion 2013 insieme agli altri artisti della Generazione Scenario.
Daniele Timpano Aldo Morto: un’intervistaUn incontro con Daniele Timpano per indagare su un fare teatro che viaggia sul filo del rasoio tra critica e ironia
Uno spettacolo in cui il pubblico ascolta la famosa pièce della Bausch Café Müller raccontata in scena da Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, seduti davanti al loro piccolo schermo del computer a vederne il video.
Il ritorno in Italia di Scapino Ballet (in prima nazionale con Pearl) e il ritorno a Bassano dei Momix, molto apprezzati negli anni dal pubblico; un focus di grande interesse sulla danza olandese (il Triveneto nel 2014 è stato scelto per questa finestra che ogni anno il Governo del Paese realizza in Italia e che si declina anche con questo percorso nel contesto delle performing arts, Olandiamo in Veneto); l’affascinante lavoro della compagnia Liquid Loft e la sperimentazione coreografica contemporanea che dà vita alle suggestive Bolle Nardini (quest’anno con Jone San Martín e Sandra Marín Garcia).
Per il teatro, un percorso dedicato alle Passioni civili, che si propone con la volontà di fotografare il nostro presente a partire da grandi testi del passato e porta in scena la nostra memoria storica (da Giuliana Musso a Natalino Balasso, da Le Belle Bandiere a Marta Cuscunà, dal Teatro del Lemming ad Andrea Pennacchi). Un altro livello è quello dedicato alla musica: torna il percorso Ekfrasis curato da Luca Scarlini, che intercetta i legami con l’arte visiva; grandi concerti d’orchestra e da camera, la lirica e il jazz.
E poi B.Motion, l’ultima parte di Operaestate, quasi un festival nel festival dedicato alla creatività contemporanea e alla ricerca che chiude la rassegna fra agosto e settembre: per la danza, oltre ad Olandiamo in Veneto, una serie di restituzioni nate a partire dalle numerose progettualità europee in cui il festival è coinvolto; per il teatro, invece, un’interrogazione importante che è «un’indagine – spiega Carlo Mangolini, vice-direttore del festival e curatore di B.Motion Teatro – sulle comunità in un momento particolarmente difficile».
Anagoor “Virgilio brucia”
Per fare solo qualche esempio, Ilaria Dalle Donne lavorerà con dei tatuatori, Ailorus sta sviluppando un percorso con immigrati di seconda e terza generazione; il lavoro dei Fratelli Dalla Via è una riflessione amara sulla situazione degli imprenditori, mentre quello di Helen Cerina si interroga sulla quotidianità urbana, così come il progetto Zombitudine di Daniele Timpano ed Elvira Frosini, che invaderà la città. Ad aprire e chiudere B.Motion Teatro, due spettacoli che diversamente scavano sulle nostre radici: Virgilio brucia di Anagoor e Genesiquattrouno di Bruno-Villano.
Senza dimenticare il programma dedicato al cinema e il Minifest, pensato per i più piccini (ma non soltanto).
E poi proposte a dir poco particolari, che sanno raccontare molto dell’approccio costruito negli anni da Operaestate rispetto al territorio in cui lavora: per fare qualche esempio importante di questo tipo di progettualità, basti pensare alla nuova collaborazione con Arte Sella che condurrà Itamar Serussi a una nuova creazione per il parco d’arte insieme ai giovani danzatori del CSC e a Cycling dance, che vedrà impegnati oltre 60 danzatori lungo la suggestiva pista ciclabile che si snoda lungo il fiume Brenta.
Tutto questo è Operaestate Festival Veneto, nel suo programma 2014, presentato il 29 maggio al Teatro La Fenice di Venezia. Ma è anche molto, molto di più.
Chris Haring | Liquid Loft
«Aprire e non chiudere» è – per usare le parole di Rosa Scapin – l’impegno che Operaestate si è assunto in questi anni, nonostante i venti di crisi che hanno scosso il sistema culturale anche a livello nazionale (o forse a maggior ragione). Di qui, constata la direttrice, l’idea che la cultura non sia un settore in senso tradizionale, quanto piuttosto un livello capace di pervadere altri mondi, campi e contesti. Questo particolare tipo di approccio è ben evidente a scorrere gli obiettivi che Operaestate si propone da diverso tempo: la valorizzazione del territorio e dei suoi beni, il benessere culturale dei nuovi pubblici, la mobilità e la formazione della nuova scena del teatro e della danza. A questi, si aggiunge quest’anno un esempio emblematico di quanto il “trans-settore” della cultura possa contribuire alla crescita del territorio in cui opera ben oltre gli ormai consolidati e riconosciuti risultati in termini di indotto diretto e indiretto: il festival, nel 2014, punta anche su un altro “territorio”, quello delle eccellenze enogastronomiche, con lo sviluppo del progetto Il teatro dei sapori, che abbina performance dal vivo e degustazioni in dieci cene-spettacolo lungo tutta l’estate. «La forza di Operaestate è proprio questa: è un esempio emblematico di cultura, impresa e territorio», constata Maria Teresa De Gregorio, dirigente Attività Culturali e Spettacolo della Regione.
Operaestate, in effetti, negli anni ha fatto strada. Prima di tutto, lavorando a quell’idea del “festival diffuso” che mette in rete quest’anno addirittura 40 Comuni di diverse Province e che – a detta della dirigente De Gregorio – intercetta appieno l’obiettivo tracciato dal programma della Giunta a inizio legislatura, quello di lavorare a un sistema territoriale capace di connettere e valorizzare le diverse realtà operanti nel territorio.
L’immagine del festival 2014
Il programma presentato a fine maggio nella splendida cornice delle Sale Apollinee del Teatro La Fenice di Venezia si può considerare – per chiudere il discorso con una riflessione di Rosa Scapin – «una sintesi di una progettazione che dura tutto l’anno e si sviluppa in molti percorsi, i quali hanno compimento nei mesi estivi con un momento di presentazione pubblica».
Nel complesso, queste intenzioni, gli esiti, i nuovi profili che assumono quest’anno, si orientano verso la definizione di un approccio particolare alla questione del pubblico e del territorio in cui il festival agisce: Operaestate – per riprendere ancora le parole della direttrice – mira «a mettere in atto un modello non basato su una fruizione passiva e sul consumo culturale, ma ad attivare nuove pratiche fondate su forme inedite di partecipazione e condivisione».
L’emblema della programmazione estiva di Operaestate, da un po’ di tempo, è una poltroncina. Quest’anno è stata realizzata in 100% zucchero: è un’opera di Marco Chiurato(con la preziosa collaborazione di Barbara Beltramello). Come ricorda Rosa Scapin, è il «simbolo dell’accoglienza del festival» da diverso tempo, del suo particolare approccio agli spettatori che vi partecipano; ma «mai come quest’anno» Operaestate intende trasmetterlo, anche attraverso la propria immagine.
Per il programma completo, visita il sito di Operaestate
Abbiamo incontrato gli allievi de L’Attore Performativo, corso promosso da Operaestate Festival Veneto fondato sulla trasmissione trans-generazionale del sapere teatrale: sei giovani performer, provenienti dai più vari percorsi formativi hanno lavorato insieme a Bassano del Grappa per tutta l’estate, incontrando diversi artisti loro coetanei attraverso laboratori, lectures, presentazioni pubbliche. In queste interviste a tempo, in massimo 30 secondi, ognuno degli allievi si presenta e offre una propria visione del lavoro realizzato in questi mesi.
Abbiamo incontrato gli allievi de L’Attore Performativo, corso promosso da Operaestate Festival Veneto fondato sulla trasmissione trans-generazionale del sapere teatrale: sei giovani performer, provenienti dai più vari percorsi formativi hanno lavorato insieme a Bassano del Grappa per tutta l’estate, incontrando diversi artisti loro coetanei attraverso laboratori, lectures, presentazioni pubbliche. In queste interviste a tempo, in massimo 30 secondi, ognuno degli allievi si presenta e offre una propria visione del lavoro realizzato in questi mesi.
Abbiamo incontrato gli allievi de L’Attore Performativo, corso promosso da Operaestate Festival Veneto fondato sulla trasmissione trans-generazionale del sapere teatrale: sei giovani performer, provenienti dai più vari percorsi formativi hanno lavorato insieme a Bassano del Grappa per tutta l’estate, incontrando diversi artisti loro coetanei attraverso laboratori, lectures, presentazioni pubbliche. In queste interviste a tempo, in massimo 30 secondi, ognuno degli allievi si presenta e offre una propria visione del lavoro realizzato in questi mesi.