spettacoli festival 2011

Tragedie di ieri e di oggi: terza serata di festival

FRATEME - Benedetto Sicca

Il festival Primavera dei Teatri continua con il suo terzo appuntamento e parte da tragedie quotidiane, riadattandole al nostro vissuto, con due messinscene che si presentano in anteprima per questa occasione a Castrovillari. Prima degli spettacoli, alle ore 19.00, sarà possibile fare una degustazione, nel Chiostro del Protoconvento, gentilmente offerta da Tenute Ferrocinto ma non solo; si potranno degustare delle prelibatezze a suon di musica in quanto sempre alla stessa ora è previsto il concerto de Il cedro e la rosa, a cura di Gianni Colaci, in cui Fabrizio Piepoli si destreggia tra pianoforte, voce, chitarra, santur e live electronics.

Da Napoli arriva Benedetto Sicca che, in collaborazione con Interno 5, porta in scena alle ore 20.30 presso il Teatro Sybaris un testo da lui scritto e diretto. Ambientato in una città invasa dall’immondizia e dal continuo odore nauseabondo che ne fuoriesce quando a questo scempio si uniscono gli incendi, Frateme racconta la storia di una famiglia di Napoli che inizia a fare i conti con ciò che ha sempre cercato di allontanare perché “diverso” dai dettami di una società stereotipata e chiusa: l’omosessualità. Nella casa collocata a Forcella, uno dei quartieri difficili del capoluogo campano, si incontrano personaggi che si vanno a sommare ai propri di quel nucleo composto da padre, madre e tre figli: uno psicologo, un’anziana professoressa e un amico, detto ‘Frateme’; questi a poco a poco scardinano un silenzio dettato dalla vergogna sotto cui si nascondono i protagonisti. Paola Michelini, Luca Saccoia, Giorgio Sorrentino, Emilio Vacca, Valentina Vacca, Francesco Vitiello e Camilla Zorzi danno vita a quella “famiglia tutt’o ‘ccuntrario” di come invece si vorrebbe dipingere. Benedetto Sicca, che si divide tra cinema, tv e teatro, è con Frateme alla sua seconda regia dopo lo studio Il principe Jorgos tratto da Fassbinder: il suo lavoro è dato da una ricerca che unisce vocalità, testo e movimenti che per questo ultimo debutto sono curati da Pablo Volo. Per Frateme hanno collaborato per le scene Flavia di Nardo e Tommaso Garavini, per il disegno luci Marco Giusti e i costumi Stylist Simone Valsecchi.

La serata prosegue alle ore 22.30 nella Sala 14 con un’altra anteprima: Radio Argo. Scritto da Igor Esposito, il testo è una rilettura ispirata a una delle più famose tragedie greche e unica trilogia arrivata fino a noi: L’Orestea. Diretta e interpretata da Peppino Mazzotta – volto noto della televisione per il suo ruolo di ispettore Fazio ne Il Commissario Montalbano Radio Argo vuole essere uno scontro tra un potere malato e la disperata voglia di allontanare questo potere in un mondo dove una voce si propaga nella notte e tiene compagnia a chi non riesce a dormire. Le musiche originali di Massimo Cordovani si intrecciano al disegno sonoro di Cesare Gardini e a quello luci di Paolo Carbone. Le scene di Angelo Gallo e i costumi di Rita Zangari completano questo spettacolo in cui quella voce lontana richiama alla memoria i nostri morti e le nostre guerre, non quelle di oggi ma piuttosto quelle di ieri.

Carlotta Tringali

10 Domande a… Emanuele Valenti

Emanuele Valenti

Incontriamo i registi presenti al festival Primavera dei Teatri per rivolgere le nostre “10 Domande a…”. Uno scambio di battute brevi ma prettamente significative per conoscerli meglio. Risponde Emanuele Valenti, regista della compagnia Punta Corsara, che è presente a Primavera dei Teatri con Il signor di Pourceaugnac.

1. Come definirebbe il suo teatro?
Un teatro di fine settimana come gran parte del teatro giovane italiano in questo momento (sorride, ndr.)

2. Che cos’è il teatro di ricerca?
Un teatro che è tante cose. Sicuramente è quello che si pone in maniera dialettica con la società nella quale abita, che si pone delle questioni che ci riguardano. Anche se ci sono tanti tipi diversi di teatro di ricerca, è un teatro che tenta di trovare un senso, dalla messinscena di Goldoni a una drammaturgia originale che si occupa di urbanistica; l’importante è che sia fatto bene, di qualità.

3. Come lo spiegherebbe ad un profano?
Tenterei di non spiegarglielo, ma lo farei venire a teatro

4. Il signor di Pourceaugnac in una frase.
“Questo Paese è un po’ sospetto”

5. Che cos’è per lei Primavera dei Teatri?
Un festival molto importante a cui sono legato per tantissimi motivi e un momento di grande senso per il teatro in Italia

6. Se la sua vita fosse uno spettacolo teatrale chi sarebbe il regista?
Sarebbe uno spettacolo senza regista

7. Lo spettacolo che le ha cambiato la vita?
Sono tanti gli spettacoli che sono stati importanti. Tre studi per una crocifissione di Danio Manfredini; Il ritorno di Scaramouche di Leo de Berardinis; il lavoro di Workcenter Grotowski di Thomas Richards; gli spettacoli di Enzo Moscato; il Baldus di Teatro delle Albe; Il sacro segno dei mostri sempre di Danio Manfredini… Non è uno spettacolo, sono tanti!

8. Uno scrittore che metterebbe in scena o a cui chiederebbe di scrivere una drammaturgia per lei?
Kurt Vonnegut

9. Potendo scegliere: teatro come sede della compagnia o nomadismo?
Teatro sede della compagnia

10. Quali sono le possibilità che il teatro possiede e che lo fa essere un’arte fondamentale?
E’ il luogo di una presenza necessaria in questo tempo di ubiquità

 

Punta Corsara nasce nel 2007 come progetto della Fondazione Campania dei Festival e fino al 2010 cura la programmazione di teatro, danza e laboratori artistici per il Teatro Auditorium di Scampia insieme a un percorso di formazione per attori, organizzatori e tecnici da cui nasce un gruppo di 13 ragazzi che oggi costituiscono la Compagnia Punta Corsara. Da gennaio 2011 il gruppo si costituisce come associazione culturale indipendente; conduce Capusutta, il laboratorio teatrale per adolescenti a Lamezia Terme con la direzione artistica di Marco Martinelli e porta in tournée Il signor di Pourceaugnac per la regia di Emanuele Valenti. Per il lavoro svolto nel primo triennio, il progetto Punta Corsara ha vinto il premio Hystrio – Altre Muse 2010 e il Premio Speciale Ubu 2010. (Biografia gentilmente concessa dal sito primaveradeiteatri.it)

10 Domande a… Alessio Pizzech

Alessio Pizzech

Incontriamo i registi presenti al festival Primavera dei Teatri per rivolgere le nostre “10 Domande a…”. Uno scambio di battute brevi ma prettamente significative per conoscerli meglio. Risponde Alessio Pizzech, presente a Primavera dei Teatri con Che disgrazia l’intelligenza!

 

 

 


1. Come definirebbe il suo teatro?
Un teatro di relazione

2. Che cos’è il teatro di ricerca?
È il teatro stesso

3. Come lo spiegherebbe ad un profano?
Il teatro è ricerca, non è una forma estetica, è una condizione

4. Che disgrazia l’intelligenza! in una frase.
Il tentativo di mettere un punto in un punto della vita

5. Che cos’è per lei Primavera dei Teatri?
Un luogo lontano perché sembra lontanissimo, ma in realtà vicino; vicino nel senso che ce l’hai nell’anima.

6. Se la sua vita fosse uno spettacolo teatrale chi sarebbe il regista?
Io insieme al destino

7. Lo spettacolo che le ha cambiato la vita?
Saul
di Vittorio Alfieri con Renzo Giovampietro e Il Signor Puntila e il suo servo Matti di Bertolt Brecht con Glauco Mauri

8. Uno scrittore che metterebbe in scena o a cui chiederebbe di scrivere una drammaturgia per lei?
Neve
di Maxence Fermine

9. Potendo scegliere: teatro come sede della compagnia o nomadismo?
Non so scegliere, non posso scegliere: quando sei nomade cerchi un luogo e quando l’hai trovato cerchi di nuovo di ripartire. Sono due facce della stessa medaglia.

10. Quali sono le possibilità che il teatro possiede e che lo fa essere un’arte fondamentale?
La trasformazione

 

Biografia di Alessio Pizzech
Nato come attore, si divide oramai da più di dieci anni tra la regia lirica ed il teatro di prosa, in particolare di un teatro di testualità che parli del presente e dei grandi temi mitici dell’uomo. La sua attenzione lo ha portato ad approfondire in particolare la drammaturgia  francese  di Jean Cocteau, Camus, Michel Azama e Bernard Marie Koltès di cui ha messo in scena ben quattro testi teatrali. Ha lavorato molto sulla formazione dell’attore e in questi anni sta approfondendo un teatro di parola e di testo che prenda le mosse dal corpo dell’attore con un gruppo di giovani attori che lo seguono. Recentemente si è confrontato con un teatro politico portando in scena il libro di Pietro Grasso dal titolo Per non morire di mafia. Sta inoltre lavorando su due soli (uno per attore ed uno per attrice) del drammaturgo francese Phlippe Minyana. (Biografia gentilmente concessa dal sito primaveradeiteatri.it)

 

 

Seconda serata con Palazzi, Cerciello e Pirrotta

La seconda serata di Primavera dei Teatri sembra contraddistinguersi dall’opera di Thomas Bernhard, data la sua duplice presenza tra i titoli del cartellone. Ad aprire infatti la giornata di mercoledì 01 giugno (alle ore 18.00 a Villa Salvaggio) è Goethe Schiatta, spettacolo-evento che vede Renato Palazzi farsi interprete del testo dell’autore austriaco. Il celebre critico de Il Sole 24 Ore, Linus e delteatro.it – accompagnato dalla regia di Flavio Ambrosini –, dà vita a un monologo in cui viene presentato Goethe alla fine della sua vita. È un lavoro che – come si legge nel programma – incanta da un lato per la leggerezza con cui scherza su alcune grandi questioni intellettuali, come l’impotenza dell’artista a raggiungere le vette e  la solitudine dell’uomo di fronte al venir meno delle proprie certezze; e dall’altro per il modo in cui concilia la sgangheratezza della farsa con un’acre riflessione sulla morte.

Il Presidente di Carlo Cerciello

Il passaggio dal “primo” Bernhard al “secondo”, con il trasferimento da Villa Salvaggio al Teatro Sybaris, prevede una sosta al Chiostro del Protoconvento in cui sarà organizzato un aperitivo/degustazione nato dalla collaborazione del festival con Vinocalabrese che presenterà i vini di Tenute Ferrocinto di Castrovillari e di ‘A Vita di Cirò.

Giunti al Teatro Sybaris, alle ore 20.30, va in scena Il Presidente ovvero ambizione odio nient’altro di Teatro Elicantropo, per la regia di Carlo Cerciello. Una prima nazionale dell’opera bernhardiana, composta nel 1975, il cui testo descrive personaggi che si muovono all’interno di una sistematica “congiura contro la vita” e ogni volta che pensano di poter dominare la realtà con il pensiero, non fanno altro che denunciare il loro fallimento. Lo spettacolo presenta la Moglie del Presidente che, mentre si prepara per i funerali di Stato alla scorta del Presidente stesso, scampato miracolosamente all’attentato, piange il suo cane, morto di crepacuore per lo spavento, nel corso dell’attentato. Il  Presidente, a sua volta, in vacanza in un Portogallo a regime dittatoriale, si esibisce in un narcisistico sproloquio alla sua attrice-amante. Una tragicommedia del potere, la fine nel politico di ogni forma morale.

A chiudere la serata è Sacre-Stie, uno spettacolo scritto e diretto da Vincenzo Pirrotta che affronta il tema della pedofilia legato al mondo della Chiesa. Dopo il debutto dello scorso ottobre a Palermo, Sacre-Stie viene presentato dalla Compagnia Esperidio a Castrovillari, a pochi giorni dall’ennesimo scandalo che ha visto Don Seppia, il parroco di Sestri Ponente, accusato di abusi sessuali su minorenni.

Sacre-Stie di Vincenzo Pirrotta

Coincidenza che diviene conferma della riflessione nata da Pirrotta nel corso dell’intervista realizzata da Agata Motta: «la cosa più grave è che il Vaticano per anni e anni ha tenuto sotto silenzio questi delitti, e addirittura per evitare scandali ha inviato delle lettere pastorali ai vescovi del mondo. Adesso mi pare che nelle gerarchie più alte vi sia un risveglio di coscienze, insomma si parla del problema. Mi chiedo perché così tardi? Se non fosse scoppiato lo scandalo o se lo scandalo non fosse oramai “incontrollabile” se ne parlerebbe?». La buona notizia è che il teatro grazie a Sacre-Stie farà risuonare l’atrocità di questi delitti (nella Sala A del Protoconvento alle ore 22.15); spetterà a noi, osservatori, diffondere l’eco della sua denuncia.

Elena Conti

Pizzech e Punta Corsara aprono Primavera

Rieccoci con un appuntamento che ormai è diventato baluardo della scena contemporanea e rapporto con il territorio, un festival che da 12 anni combatte una lotta quotidiana e costante contro e per la sua terra. «È all’interno di questa realtà che prendono forma storie di ordinaria violenza domestica e un’umanità desolata, vittima di tradizioni arcaiche in un mezzogiorno sgretolato nei sentimenti e nei valori». Così recita la prima pagina del sito della compagnia Scena Verticale che – capitanata da Dario de Luca, Saverio La Ruina e Settimio Pisano – dirige il festival con costanza e incredibile perizia, sapendo coagulare attorno a sé uno zoccolo duro di pubblico che, proprio all’interno di “questa realtà”, resta ogni anno fedele. Già perché di pubblico si parla, Primavera dei Teatri è uno di quegli appuntamenti dove il pubblico lo incontri – un pubblico formato sia da spettatori che da operatori del settore – ma in generale la rassegna ha sempre trovato spazio per tutti. Un equilibrio che non ci si aspetterebbe da una compagnia così alla ribalta sulla scena nazionale, un equilibrio conquistato a fatica e che viaggia sulla corda tesa tra il mondano e modaiolo teatro contemporaneo e la concretezza del reale, dello spettatore medio, di un territorio difficile da conquistare. Così, negli anni, la programmazione messa in gioco dai co-direttori ha sempre stupito, donando spazio a giovani compagnie emergenti, ad affermati spettacoli d’impianto classico, ai gruppi calabresi e al teatro dialettale, amalgamando tutto all’insegna della spontaneità. Quest’anno il programma fa fronte alla crisi, punta sulle giovani compagnie e subito si apre con due collettivi formatisi quasi per caso.

Il signor Pourceaugnac foto di Camilla Mastaglio

Punta Corsara era nel 2007 un progetto della Fondazione Campania dei Festival, un percorso per attori, danzatori e organizzatori e tecnici napoletani, tredici dei quali oggi sono compagnia e associazione culturale. Sotto la regia di Emanuele Valenti questo gruppo di giovanissimi porta in scena al Teatro Sybaris ore 20.30 Il Signor Pourceaugnac una rivisitazione di Molière, sporcato dalla commedia dell’arte napoletana e intriso della più cruda vita reale. Un viaggiatore arriva a Napoli per sposare una giovane donna, ma la città lo respinge nei modi più impensati, intrighi, complotti e compromessi ostacolano il suo percorso di straniero in una città a lui straniera. Tutto condito da un pizzico di sarcasmo e comicità.
A seguire alle 22.15 nella Sala 14 del Protoconvento Che disgrazia l’intelligenza! Sotto la regia di Alessio Pizzech si riunisce un gruppo d’attori; un incontro fortuito, umano e artistico che li porta a cimentarsi con un testo classico tratto da Griboedov. Caskij è il protagonista di un viaggio di andata e ritorno dalla sua terra, un ritorno amaro in una terra non più ospitale, dove ciò che era amore diviene opportunismo e violenza. Il mondo della sua infanzia si è ribaltato e con esso i suoi valori, l’ingegno è un difetto, una capacità pericolosa e come tale va eliminata. Un testo che incrocia pensieri ormai all’ordine del giorno, in un’Italia governata da chi fa a botte con la giustizia, e dove i media puntano il dito contro chi prova ad alzar la testa, dove la menzogna diventa verità.
L’importante è non mentire mai al proprio pubblico, insegnava Frie Leysen organizzatrice di Theater der Welt, solo così resterà fedele; speriamo che anche quest’anno si rinnovi questo sodalizio, tra palco e platea.

Camilla Toso

Cani senza padroni oggi

foto di Diego Beltramo

Sono passati quasi otto anni da quando lo spettacolo di Motus Come un cane senza padrone ha debuttato all’interno dell’ex complesso Italsider di Bagnoli, nella periferia di Napoli. Un lavoro innovativo che mostrava la modernità del gruppo riminese nella forte connotazione cinematografica aggiunta a quel loro viaggio teatrale iniziato negli Anni ’90. Dopo la fascinazione per Fassbinder, Genet e De Lillo, Motus abbracciava per la prima volta un autore a noi molto più vicino, un personaggio scomodo che ha fatto molto parlare di sé negli anni ’70 e che continua come un fantasma ad essere presente e contemporaneo ancora oggi: Pier Paolo Pasolini. 2003-2011: a Venezia per il Festival Al Limite – curato e organizzato all’interno del S.a.L.E. Docks– si è avuta l’occasione di vedere una piccola perla di uno dei gruppi di ricerca teatrale più importante a livello nazionale e che poco gira in terra veneta. Come un cane senza padrone è uno spettacolo che non dimostra la sua età, è sempre attuale e graffiante; e soprattutto l’esperienza di Motus si adatta come un guanto alla situazione ricreata da Al Limite: uno spazio alternativo completamente autogestito per dare voce a ciò che sta al margine e che proprio per questa sua caratteristica ha un valore aggiunto. Il margine e, più propriamente parlando, la periferia sono protagoniste in questo lavoro che intreccia differenti proiezioni video alla lettura di alcuni frammenti tratti da Petrolio, il romanzo incompleto scritto da Pasolini. La voce profonda di Emanuela Villagrossi racconta un momento rivelatorio dell’esistenza di Carlo, un dipendente dell’Eni abituato a una vita borghese, che si ritrova immerso in un’esperienza di estrema rottura: l’incontro sessuale con Carmelo, un “ragazzo di vita”.

estratto dal video di Simona Diacci

Contemporaneamente alla calda tonalità dell’attrice uno schermo proietta le immagini sfocate di un film – realizzato da Simona Diacci proprio per questo spettacolo – in cui Carlo, interpretato da Danny Greggio, e Carmelo, un disinvolto Franck Provvedi, vivono la loro breve ma intensa storia. Intensa solo per lo stesso Carlo: se per Carmelo l‘incontro con uomini altolocati rappresenta un modo di sostentamento danaroso, il protagonista di Petrolio, abituato a una vita borghese e priva di stimoli, solamente con questa esperienza, che unisce incredulità, violenza e una lacerante vitalità, comprende il vuoto che lo abita. E questo vuoto diventa un grido urlato nel proprio silenzio, in un deserto in cui ci si ritrova nudi e soli con se stessi, metafora di un Io interiore privo di significato. È in questa zona arida che Carlo capisce di essere stato per tutta la vita circondato da un “pieno”, da un mondo in cui il centro non era altro che una falsa illusione; è la periferia, la zona dimenticata da tutti che in Petrolio, e soprattutto in Come un cane senza padrone acquista una bellezza ritrovata, dimenticata e boicottata in cambio di quella vita borghese in cui Carlo “dormiva il sonno del suo corpo”. Oltre la lettura della Villagrossi e lo schermo in cui il film sulla storia di Carlo e Carmelo è proiettato, su tre pannelli scorrono le immagini di strade, di baracche, carcasse di automobili: zone periferiche in cui Pasolini si ritrovava a vagare con la sua macchina e che hanno ispirato tutto il lavoro di Motus. L’immagine della periferia – estesa su un campo visivo che presenta tre diverse inquadrature sincronizzate – acquista il fascino dei vecchi ciclorama e aiuta lo spettatore ad entrare in un viaggio di pura poesia. Questa esperienza inizia ma non ci si sente accompagnati; piuttosto si è soli di fronte a ciò che terrorizza e non si conosce, e che d’altra parte invita a essere incontrato. Come Carlo prova una pulsione mai sperimentata prima verso Carmelo, si prova la stessa fascinazione nell’entrare in una zona che sembra deserta ma che forse ha molto più da offrire rispetto ad un’altra affollata e più nota. In periferia si possono incontrare dei cani che vagano senza padroni: sono abbandonati, sono soli; cercano ciò che li soddisfi immediatamente, senza essere fedeli a nessuno, neppure a loro stessi. Semplicemente vivono di eccessi: ecco Carlo che, attraverso quell’angelo impuro personificato in Carmelo, vive una frattura interna sentendosi “come una cagna senza padrone”. Comprendere il deserto della propria esistenza risulta sempre attuale, oggi come ieri: Pasolini continua a essere a noi contemporaneo.

Visto a Al Limite Festival, S.a.L.E. Docks, Venezia

Carlotta Tringali

Un terzo paradiso lontano

Recensione a Babilonia – Il terzo paradiso – coreografia di Ismael Ivo

foto di Akiko Miyake

Ultimo anello di una trilogia iniziata nel 2009 con The Waste Land e proseguita l’anno scorso con Oxygen, Babilonia – Il terzo paradiso è la nuova coreografia di Ismael Ivo che si avvicina più degli altri spettacoli a un forte concettualismo.
Anche al puro astrattismo, se non è strettamente necessaria una chiave di lettura, si richiede di diffondere emozioni, regalare in maniera indiretta sensazioni, per trovare un significato di esistenza. Davanti a un quadro non figurativo, con qualità comunicanti pur nel suo apparente non-sense, il nostro corpo è a volte attraversato da vibrazioni difficilmente descrivibili e che non sempre richiedono una razionalizzazione: semplicemente veicolano impressioni grazie alle quali si comprende di essere vivi. Babilonia – Il terzo paradiso ha forse la pretesa di paragonarsi a un quadro, come sottolinea il coreografo Ismael Ivo nelle note di regia: «un percorso astratto. Di esplorazione e libertà (…). Come su una tela bianca, si incidono le immagini delle performance fatte di visioni, suoni, passioni, gesti e movimenti che si offrono alla riflessione». Il lavoro – portato in scena da 25 giovani ballerini, tutti allievi dell’Arsenale della danza, la scuola di perfezionamento diretta dallo stesso Ivo – è composto da diverse scene che purtroppo rischiano di rimanere piccoli momenti di pura esibizione di tecnica e virtuosismo, dove i ragazzi mostrano il loro alto livello qualitativo e il loro consapevole utilizzo del corpo. Entra prepotentemente nello spettacolo, seppur in un breve momento, anche la parola: alla Babilonia danzante si aggiunge così una Babilonia linguistica come da manuale. Ecco che l’astrattismo segue, in alcuni punti, una schematicità didascalica, data non solo dalle frasi pronunciate in lingue differenti, ma anche dalla scelta di separare gli uomini dalle donne in alcune delle coreografie proposte e di lasciare che i loro corpi si connotino di una forte sessualità conforme agli stereotipi tanto combattuti nella danza contemporanea. E una volta lasciata da parte la rigorosa schematicità tornano continuamente i momenti sconnessi tra loro. I ballerini entrano ed escono dal palco dando vita a immagini molto differenti tra loro, spaziando dal balletto a movimenti meno convenzionali e attraenti, a tentativi registici di rendere un’atmosfera onirica – come il ballerino dalla testa di cavallo che più volte appare in scena, o uno specchio con cui una danzatrice tenta una interazione . Seppur curate nei movimenti, queste immagini vengono lanciate come fossero dei sassi piatti in mezzo al mare: ma chi coordina l’azione non riesce a far saltare più di una volta la stessa pietra sulla superficie dell’acqua perché sprofonda immediatamente. Rimane forte l’assenza di un legame che unisca queste piccole esibizioni e le faccia esistere e sopravvivere nel tempo, anche se solo in quello mentale. Le stesse musiche, parte integrante di tutta Babilonia, non aiutano lo spettacolo a essere coerente: regalano frammenti di leggiadra poesia le bellissime melodie barocche di Sacrificium interpretate dalla potentissima voce di Cecilia Bartoli e associate ai corpi danzanti; ma allo stesso tempo fanno rimanere perplessi se accostate a suoni mistici e distorti che in alcuni momenti interromponol’atmosfera secentesca ricreata per tentare di portare lo spettatore in una sospensione misteriosa. Sospensione suggestiva solo inizialmente su un palco attraversato da una folta nebbia dove delle pareti bianche altissime circoscrivono un interno non facilmente riconducibile a un luogo: uno spazio vuoto in cui dei corpi corrono per poi cadere e diventare un unico ammasso significante. Nell’atmosfera rarefatta – ricorda per certi versi Tristi tropici di Virgilio Sieni dove in una sorta di atemporalità apparivano corpi come provenissero da un aldilà – i ballerini rendono vibrante lo spazio, lo attraversano e lo squarciano. Dopo un inizio promettente si cade però da quel terzo paradiso promesso e si scende verso un limbo dove i corpi si fronteggiano nel tentativo di risalire verso l’alto; solo nelle ultime scene ritrovano la giusta via: con l’utilizzo di tavoli, i ballerini creano delle coreografie più convincenti, destreggiandosi tra fermo-immagine a effetto – come moderni apostoli di un’ipotetica ultima cena danzante – e regalando composizioni e movimenti che si intrecciano in una danza ben amalgamata.  Ma non bastano questi momenti per raggiungere quel paradiso cercato: esso rimane un miraggio ancora lontano.

Visto al Teatro Malibran, Venezia

Carlotta Tringali

Dodicesima edizione per Primavera dei Teatri

“Nuovi linguaggi della scena contemporanea”: questo è il sottotitolo di una delle rassegne più attese dagli appassionati del teatro del presente, il Festival Primavera dei Teatri che quest’anno festeggia il suo dodicesimo anno di età. Nonostante i tagli e il periodo difficile che sta vivendo questo settore culturale, Castrovillari si conferma ogni volta come punto di riferimento per coloro che vogliono assistere a novità interessanti: la proposta continua ad essere nel tempo sempre valida e le diverse compagnie chiamate quest’anno a partecipare al festival lo confermano. Il gruppo teatrale Scena Verticale, formato da Saverio La Ruina, Dario De Luca – i due direttori artistici della rassegna – e da Settimio Pisano – addetto alla direzione organizzativa –, porta forse per una propria vocazione, una ventata d’aria fresca e rigenerante in una zona isolata e tagliata fuori dall’attenzione all’arte scenica nazionale. Proprio per questo Primavera dei Teatri acquista un’aura particolare, che spinge tantissimi operatori e critici a partecipare ogni anno a un festival confinato nella provincia cosentina che pulsa un’energia incredibile, soprattutto dovuta alla volontà di portare avanti con tenacia un progetto che investe nelle nuove drammaturgie e apre a un territorio che può offrire molto. Vincitore del Premio Speciale Ubu 2009, Primavera dei Teatri quest’anno avrà la durata di sei serate: l’inizio è previsto per il 31 maggio per terminare poi il 5 giugno. Tante le compagnie e gli spettacoli presentati, tra cui ci saranno ben otto prime nazionali.

Ad aprire il festival nella giornata del 31 maggio è una compagnia giovanissima, dotata di una carica incredibile: direttamente da Scampia i ragazzi di Punta Corsara portano in scena una farsa minore di Molière, Il Signor de Pourceaugnac, aggiungendovi delle sfumature tipiche di un mondo a loro più vicino, quello napoletano. Durante tutta la rassegna bisogna ricordare che non ci sarà mai un solo spettacolo a serata: dopo Punta Corsara è infatti il turno di Che disgrazia l’intelligenza! liberamente ispirato a un testo di Aleksandr Griboedov, portato in scena per la prima volta da Sicilia Teatro e diretto da Alessio Pizzech. Mercoledì 1 giugno sale sul palco un attore particolare che riflette sulla solitudine dell’uomo e sugli ostacoli di un artista: il noto critico de Il Sole 24 Ore e di delteatro.it Renato Palazzi si mette alla prova con Goethe schiatta di Thomas Bernhard diretto da Flavio Ambrosini. Ed è sempre di Thomas Bernhard lo spettacolo successivo: Il presidente ovvero ambizione odio nient’altro debutta per la regia di Carlo Cerciello e affonda il coltello nel potere e nella sopraffazione di quest’ultimo sulla morale. A chiudere la seconda serata del festival è Sacre-Stie scritto e diretto da Vincenzo Pirrotta che affronta il delicato e attuale tema della pedofilia all’interno della chiesa. Torna Napoli e la napoletanità di oggi nella terza giornata del 2 giugno: Benedetto Sicca presenta in anteprima Frateme, testo di cui è drammaturgo e regista. Si prosegue poi con un’altra anteprima: Igor Esposito riscrive la tragedia greca Orestea dandole però il titolo Radio Argo, spettacolo diretto e interpretato da Peppino Mazzotta. Venerdì 3 giugno Primavera dei Teatri continua con ben tre spettacoli: il monologo meta-teatrale di Rosario Mastrota Fine, che si muove tra social network, nuove tecnologie e un unico attore in scena, precede il nuovo lavoro della Compagnia Musella Mazzarelli che, dopo il successo di Figlidiunbruttodio presentato l’anno scorso a Primavera dei Teatri, debutta quest’anno con Crack Machine. Prima di lasciare per qualche ora notturna il protoconvento francescano, sede del Festival, in attesa degli spettacoli della serata successiva, vi è un’altra prima: per la regia di Antonio Tintis debutta il testo scritto da Maria Teresa Berardelli Il paese delle ombre, una fotografia giornalistica scattata attorno la vicenda di un orfanotrofio. Sabato 4 giugno arrivano a Castrovillari gli enfants terribles della scena italiana: ricci/forte portano in scena Grimmless, fiabe ricostruite secondo un’atrocità quotidiana. Sempre all’infanzia si ritorna con lo spettacolo successivo, ma con un affondo sulla desolazione e lo sradicamento: è in dialetto messinese Patri ‘i famigghia, scritto da Dario Tomasello e diretto da Roberto Bonaventura. Il Festival non può che concludersi domenica 5 giugno con due debutti che parlano dello stesso territorio calabrese: Un italiano a Macondo scritto e diretto da Leonardo Gambardella, storia che racconta una zona periferica come quella locale e La brocca rotta a Ferramonti di Francesco Suriano, protagonista anche nella scorsa edizione di Primavera dei Teatri, che presenta uno spettacolo che parte da un testo di Kleist per affondare in tematiche sempre attuali come quella della violenza e che lo stesso Suriano co-dirige con Renato Nicolini.

Nuove drammaturgie, tematiche attuali e una scena contemporanea che lascia spesso spazio a compagnie meno note, ma non per questo meno valide, e che difficilmente si trovano anche in altri festival estivi di riferimento per il teatro: Scena Verticale ha assicurato negli anni un’altissima qualità di proposte che non hanno mai deluso le aspettative e che, per questo, continuano a spingere molte persone ad andare a Castrovillari. Dopo l’esperienza dell’anno scorso, Il Tamburo di Kattrin segue per la seconda volta l’intero Festival Primavera dei Teatri scrivendo articoli, approfondimenti, recensioni, interviste e raccogliendo i commenti del pubblico: non resta che mettersi in viaggio per partecipare o invitare tutti coloro che non potranno esserci fisicamente a seguire l’atmosfera della rassegna on-line sul nostro sito, dove cercheremo di portare una bella Primavera.

Carlotta Tringali