Primavera dei Teatri 2010

Il rito che divide di Borrelli

Recensione a S.E.P.S.A. Spettatori all’Esequie di Passeggeri Senz’Anima – Marina Commedia Società Teatrale

S.E.P.S.A.

Come i binari di una ferrovia, due storie, l’una avvenuta il 19 luglio del 2008 e l’altra il 26 maggio dell’anno successivo, scorrono parallele nel poema S.E.P.S.A. Spettatori all’Esequie di Passeggeri Senz’Anima che Mimmo Borrelli dedica all’indifferenza per la fatale morte di Violetta e Cristina Ebrehmovich – due piccole rom morte annegate nel mare di Torregaveta – e di Petru – ragazzo rumeno ucciso per errore, sotto l’occhio delle telecamere di sorveglianza, in una sparatoria camorrista alla stazione di Montesanto. Due luoghi che sono capolinea di una tratta che il drammaturgo conosce bene; due storie che indignano: corpi scavalcati come se non avessero valore, salvo poi essere rivalutati e fagocitati da giornalisti che, direbbe Gaber, si buttano «sul disastro umano con il gusto della lacrima in primo piano».

Pensato per essere rappresentato – o meglio celebrato – in un vagone ferroviario, per Primavera dei Teatri, Marina Commedia Società Teatrale (insieme allo stesso Borrelli, Dario Barbato, Floriana Cangiano, Gennaro Di Colandrea, Roberta Misticone e Michele Schiano di Cola) ha abitato la fatiscente  e suggestivamente appropriata sala d’attesa dell’Autostazione di Castrovillari. Sotto la fredda luce dei neon che non lascia zone d’ombra, gli spettatori non sono chiamati ad assistere a uno spettacolo ma a partecipare a un vero e proprio rito collettivo, funereo e tragico, straziato e urlato fin dalle prime battute per poi correre su questo binario esasperato e profondamente partecipato per tutto il viaggio dello spettacolo.  Un viaggio faticoso per gli attori che, chiamati a impersonare personaggi marginali ed emarginati di una società distratta, colpiscono per convinzione, presenza, partecipazione e credibilità, non risparmiandosi mai.

S.E.P.S.A.

In un napoletano in versi che contribuisce alla costruzione di un ritmo quasi liturgico, coadiuvato dalle belle sonorità eseguite dal vivo da Antonio della Ragione, Placido Frisone e Francopaolo Perreca, la commemorazione scorre incalzante proprio come un treno lanciato in corsa: rare sono le soste sommesse, all’interno di un lavoro che sembra partire, fin da subito, da un picco tragico, fatto di strazio esacerbato e quasi smodato, privilegiando una tensione e compartecipazione sostenute per tutto il lavoro rispetto ad un andamento in crescendo. Una scelta coraggiosa, a dimostrazione dell’adesione sincera della compagnia alle storie che hanno deciso di ricordare, per un lavoro che, però, proprio per questo, può risultare a tratti eccessivamente urlato, intemperante, al limite quasi della sopportazione emotiva per un pubblico assalito da quest’onda travolgente di disperazione e dolore. S.E.P.S.A. Spettatori all’Esequie di Passeggeri Senz’Anima non è un climax, ma un’iperbole rituale che può sconvolgere in un vortice di emozioni lo spettatore come anche infastidirlo. Un rito collettivo pensato per avvolgere e coinvolgere il pubblico prima di tutto nella sua compresenza scenica e nella recitazione a lui diretta, che non prevede zone grigie: o vi si entra, o se ne resta fuori. Da una parte la possibilità di lasciarsi trascinare totalmente in un turbine di commozione, dall’altra il rischio di una percezione distratta e irritata per dei toni sentiti come esagerati, che allontanano anziché avvicinare. Un lavoro che nel suo essere eccessivo fa convivere in sé due forze opposte, l’una centripeta e l’altra centrifuga, dividendo inevitabilmente il pubblico tra emozione e sconcerto. D’altronde è il rischio e la bellezza di tutte le liturgie: per chi riesce a lasciarsi trasportare sono momenti di  pathos estremi e profondi, per chi non si sente coinvolto sembrano manifestazioni eccessive, magari retoriche e probabilmente tediose.

Visto a Primavera dei Teatri, Castrovillari

Silvia Gatto

E se ESSE avesse detto

Recensione a ESSEDICE – I Sacchi di Sabbia

Se mio padre morisse. Non è un interrogativo. Tutte le vite finiscono, e l’unica cosa che resta è il nostro modo di ricordare qualcuno, di sentirlo ancora vicino.

ESSEDICE è questo. Lo spettacolo è stato tratto da S. di Gipi (Gianni Pacinotti), fumetto ispirato alla figura del padre – Sergio appunto – e proprio come il fumetto è un modo per ricordare, un modo per guarire da quella «malattia da cui sono affetti gli esseri umani che è subire lo scorrere del tempo».
Un uomo e una scatola. Gipi e quello che resta delle ceneri di suo padre. È da qui che parte la narrazione; narrazione, ma in realtà non è la storia della vita di ESSE, ma sono le sue storie: ricordi che ESSE raccontava in continuazione, mille volte a tavola, in macchina, tra amici e parenti. Episodi che cambiano col tempo, dai contorni sfocati come un acquarello. Il racconto non inizia con “c’era una volta”. Non è una storia al passato ma bensì al presente. «Esse dice che la guerra… Esse dice come si pesca… Esse dice che che si è rotto le palle di stare al mondo». In scena Gipi con una scatola di cartone tra le mani, un feticcio che non smette di torturare. Seduto con un sorriso incerto tra l’imbarazzato e l’ironico, parla di ESSE. Dietro di lui si materializzano personaggi stilizzati – la famiglia di Gipi e Gianni stesso quand’era bambino – rivivono in scena, grazie alle maschere di Ferdinando Falossi: un passaggio quello dal fumetto alla scena, che grazie all’arte della maschera, risulta semplice ed efficace. La maschera riporta in vita i morti che, come nell’antica Grecia, parlano ai vivi. Un incontro commovente e sincero.

L’ora di spettacolo scorre veloce, la struttura è semplice, la presenza scenica del narratore è forte e carismatica, gli attori reggono un ritmo scenico scandito. Il tratto incerto e stilizzato del fumetto si trasforma in movimento, l’immagine acquarellata della carta prende forma e si sfuma in scena dietro tulle che ricordano le pagine bianche dell’illustrazione. La regia de I Sacchi di Sabbia è leggera e perspicace nel lasciare libero spazio al narratore. Gianni Pacinotti non interpreta un personaggio. Non è un attore, è la parte della storia che ancora persiste. Ecco allora che il suo stare in scena è una continua improvvisazione sui ricordi o piuttosto sui sentimenti. Questa libertà in scena dona freschezza ad uno spettacolo che ogni sera è diverso, che diverte il pubblico e lo commuove.

Visto a Primavera dei Teatri, Castrovillari

Camilla Toso

Stefano Massini presenta L’Italia s’è desta

Abbiamo incontrato Stefano Massini autore del testo L’Italia s’è desta, evento speciale in scena stasera a Primavera dei Teatri di Castrovillari. Diretto da Ciro Masella e con Daniele Bonaiuti, Luisa Cattaneo e lo stesso regista, lo spettacolo è un viaggio grottesco tra tutte le assurdità e le contraddizioni tratte dalla cronaca di un’Italia che si prepara a festeggiare il 150° all’Unità.

Katia Ippaso presenta Doll is mine


L’autrice Katia Ippaso parla di Doll is mine testo scritto per Cinzia Villari, attrice in scena stasera allo spettacolo presentato al Festival Primavera dei Teatri in prima nazionale. Ispirandosi al Giappone e alla sua letteratura, in particolare a Kawabata e Yoshimoto, Doll is mine diretto dalla regia di Lorenzo Profita è un monologo poetico che attraversa la notte.

Luigi Saravo e Massimo Fanelli presentano Sapore di sale

Abbiamo incontrato Luigi Saravo e Massimo Fanelli della compagnia Ciac – Centro Internazionale delle Arti Contemporanee. Lo spettacolo Sapore di sale, di cui Saravo è autore e regista mentre Fanelli interprete, racconta la storia di Roberto, giovane materano scappato al Nord per lavorare e sopravvivere alla fame. Poche parole per uno spettacolo che procede attraverso azioni sceniche e canzoni degli Anni ’60.

ESSEDICE – I sacchi di sabbia

1.06.2010 Castrovillari, Festival Primavera dei Teatri. Commenti a caldo del pubblico dopo lo spettacolo ESSEDICE di Gipi, messo in scena da I sacchi di sabbia

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Variazioni sul modello di Kraepelin – Quelli che restano

1.06.2010 Castrovillari, Festival Primavera dei Teatri. Commenti a caldo del pubblico dopo lo spettacolo Variazioni sul modello di Kraepelin di Davide Carnevali /Compagnia Quelli che restano

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S.E.P.S.A. – Marina Commedia società teatrale

1.06.2010 Castrovillari, Festival Primavera dei Teatri. Commenti a caldo del pubblico dopo lo spettacolo S.E.P.S.A. di Mimmo Borrelli

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Figli di un Dio che non c’è

Recensione a FiglidiunbruttodioCompagnia Musella Mazzarelli

figlidiunbruttodio - foto di Angelo Maggio

Non c’è posto per tutti nell’Italia di oggi. O meglio: posto ce n’è, ma non se lo pretendi dignitoso o se lo vuoi appagante dal punto di vista professionale. Bisogna svendersi, mettere da parte se stessi, quello che si è; dimenticarsi di una morale, dimenticare di avere una propria vita.

Figlidiunbruttodio è un duplice spaccato reale sulla società in cui viviamo: una società bulimica, malata, riflessa in un mondo dello spettacolo che tende ad inglobare, usare, ingurgitare uomini per poi risputarli fuori annullati, vuoti. Una società che d’altra parte si disinteressa della gente comune, gente che neanche riesce a trovare un lavoro manuale per avere una casa, per mangiare. Lino Musella e Paolo Mazzerelli sono bravissimi autori e interpreti di un testo che gioca sul sottile filo della comicità amara: fanno sorridere i personaggi che mettono in scena, per la loro semplicità e ingenuità; un’ingenuità che nasconde sogni di una vita normale ma che sia dignitosa da una parte, o sogni di gloria dall’altra. Due sono le storie che in Figli di un brutto Dio corrono su uno stesso filo rosso: due coppie di personaggi emblematici del mondo in cui siamo immersi. La prima, ispirata a Uomini e topi di Steinbeck, è molto beckettianamente la vicenda di due emarginati che vivono alla fermata di un autobus cercando di sopravvivere alla fame e sperando che quel bus 160 passi e li porti a ottenere un lavoro promesso, da manovali. L’altra è la storia di Fabri, giovane che cerca la fama televisiva in un reality dal titolo Figlidiunbruttodio, affidandosi a un produttore che rispecchia tutto il cinismo di chi pensa al denaro sfruttando le speranze e le tragedie altrui. Se all’inizio si ride di fronte alle emozioni incontrollabili e alle espressioni di gioia del giovane ragazzo una volta accettato per entrare a far parte dello show televisivo, si rabbrividisce all’idea che sia disposto a rinunciare alla propria identità ed eseguire qualsiasi ordine del produttore pur di diventare famoso. E si rimane attoniti quando addirittura in ballo entrano la vita e la morte: si è disposti anche ad uccidere – e non il primo sconosciuto che passa – pur di avere tre mesi di gloria. Figlidiunbruttodio è un crescendo di colpi di scena che porta all’estremo situazioni che, purtroppo, non si allontanano neanche di molto da una società che si è dimenticata dell’Uomo e che ne sfrutta debolezze, sogni e speranze; vite.

Visto a Primavera dei Teatri, Castrovillari

Carlotta Tringali

Mimmo Borrelli presenta S.E.P.S.A.

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Il giovanissimo napoletano Mimmo Borrelli, vincitore di premi importanti tra cui Eti per il miglior spettacolo di innovazione, Tondelli 2007 e Riccione 2005 per la drammaturgia, presenta S.E.P.S.A. Spettatori alle esequie di passeggeri senz’anima che vede in scena, oltre lo stesso autore, Dario Barbato, Floriana Cangiano, Gennaro Di Colandrea, Roberta Misticone e Michele Schiano di Cola. Uno spettacolo che parla di morte attraverso due storie tragiche ma allo stesso tempo di innocente bellezza. Le musiche a cura di Placido Frisone sono in scena.